Renzi e l'attacco ai giornalisti. Un atteggiamento, poco democratico, che accomuna diversi leader politici

di Redazione 15/12/2015 CULTURA E SOCIETÀ
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Domenica 13 dicembre il presidente del Consiglio Matteo Renzi dal palco di casa della Leopolda aveva personalmente stilato una specie di lista di giornali e giornalisti contrari al governo, cercando di additare quest’ultimi come “nemici” dell’Italia. Ci risiamo, dopo le invettive di Berlusconi che per anni non ha perso tempo a sottolineare nomi, testate nemiche dei suoi governi, un altro premier, dall’opposto schieramento, usa il potere mediatico di cui dispone oltre quello politico, per indicare chi fa male il mestiere di giornalista.

Appare del tutto pleonastico, ma evidentemente in un paese come l’Italia non lo è, ricordare che non possono essere i politici, né i leader di governo o di partito a dare le pagelle di buon giornalismo. I giornalisti nelle democrazie devono poter svolgere il decisivo compito di controllare il potere, evidenziandone nel caso le pecche, i limiti, gli abusi. Così subito dopo le esternazioni leopoldine di Renzi è stato il segretario generale della Federazione nazionale della Stampa Raffaele Lorusso, a replicare alla poco felice uscita del presidente del consiglio: “Politici e governanti devono farsene una ragione: chi tenta di asservire o di ridurre al silenzio la libera stampa perde soltanto il proprio tempo. Mettere alla berlina i giornali e i giornalisti scomodi, agitando bavagli più o meno mascherati, è tipico dei regimi. L’iniziativa del presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, di redigere la classifica di quelle che, a giudizio suo e dei suoi sostenitori, sono le peggiori prime pagine dei giornali italiani, qualifica chi l’ha proposta e si inserisce nella peggiore tradizione della politica italiana”.

In particolare le critiche di Renzi sono andate nei confronti di alcuni giornalisti del Fatto Quotidiano.

Questo delle invettive e dei diktat contro la stampa, peraltro largamente deficitaria per molti altri aspetti qui da noi, è un vizio che sembra accomunare tutti i leader e gli schieramenti o, forse, solo quelli a corto di gestione delle regole democratiche. Dopo Berlusconi, come detto, ci è cascato anche Beppe Grillo e ora Matteo Renzi. Non sorprende allora perché nelle classifiche internazionali che riguardano libertà di stampa e il corretto svolgimento della dialettica democratica, il nostro paese occupi posizioni da terzo mondo.

L’auspicio, per il bene di tutti, è che le cose possano migliorare rapidamente in tal senso, magari con un attenzione maggiore da parte della classe politica, prima di tutto, verso alcuni semplici ma basilari aspetti della democrazia, di quella democrazia di cui si fanno, evidentemente, immotivatamente esecutori e difensori. 


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